90 anni Ferrari: le vittorie più belle
90 anni Ferrari e non sentirli. Il Cavallino, fondato nel 1929, compie mezzo secolo di vita. MotorAge lo ripercorre attraverso le sue tappe, i successi più significativi e anche i suoi dolorosi punti bassi.
Di certo tra tutte le sane “follie”, questa è stata quella meglio riuscita. Nell’ambito dei festeggiamenti dei 90 anni Ferrari (mercoledì 4 settembre in piazza Duomo, a Milano), ci sarà tempo anche voltarsi indietro e ripensare alla lunga epopea di successi del Cavallino.
Un’epopea iniziata nel 1929, con la decisione di Enzo Ferrari di dare vita a un reparto corse in seno all’Alfa Romeo, da cui è diventata poi indipendente nove anni più tardi.
Il tempo ha dato ragione al “Drake” visti i successi raccolti dalla scuderia di Maranello, una delle più vincenti con 16 Mondiali costruttori e 15 piloti, 235 vittorie in 962 gare disputate.
Questo il ricco bottino raccolto dalla Rossa che dal 1950 è presenza fissa in pista nel Mondiale F1. E sebbene negli ultimi anni i risultati abbiano detto bene ai rivali della Mercedes, il fascino e il blasone del Cavallino rimangono immutati.
Andiamo dunque a ripercorrere le tappe principali di quasi un secolo di vita di questo team attraverso le gesta dei piloti che ne hanno reso maggiormente lustro. Ci sarà spazio anche per le monoposto, le degne protagoniste della competizione.
La premessa è che non è semplice fare la selezione tra i tanti campioni che hanno contribuito a cementare rinsaldare il mito della Ferrari. Noi ci proviamo.
Campioni dimenticati troppo in fretta
Il primo in assoluto fu Alberto Ascari, capace di portare a casa l’alloro nel 1952 e di bissare l’impresa l’anno successivo. Un terribile incidente, all’autodromo di Monza, lo portò via nel 1955, mentre stava testando una Ferrari 750 Sport per il Gran Premio Supercortemaggiore.
Ironia della sorte: il decesso avvenne nell’ultimo passaggio, nella stessa curva che lo vide uscire di pista l’anno precedente nei test con la Lancia D50.
Una meteora, suo malgrado, fu Mike Hawthorn, campione del mondo nel 1958 con la sua Ferrari 246. Il britannico, a soli 30 anni, decise di abbandonare le corse una volta raggiunto il successo.
Le cronache narrano che la sua decisione sia stata comunicata una volta scesa dalla macchina, al termine della corsa che l’ha consacrato iridato. Anche per lui il destino fu crudele tant’è che perì pochi mesi più tardi, nel gennaio 1959, per un incidente stradale, a bordo della sua Jaguar Mk1 3.4.
Campioni non certamente fortunati nella loro vita, ma le cui gesta rimangono ancora impresse nella mente dei tifosi a più di mezzo secolo di distanza.
Lauda e il Nurburgring: la rinascita di un uomo e di uno sportivo
Recentemente ci ha lasciati ma il ricordo di Niki Lauda è ancora vivo. Soprattutto per la rivalità con James Hunt, che ha ispirato il film “Rush”, e per il modo in cui ha saputo morire e risorgere (sportivamente parlando).
Due i titoli mondiali conquistati con la Rossa (1975 e 1977). In mezzo l’incidente al Nurburgring che ne ha minato il fisico e il volto, rimasto sfigurato a causa delle fiamme che lo avvolsero dopo lo schianto contro una roccia a lato del circuito.
I quaranta giorni successivi, segnati dal ricovero e dalla riabilitazione prima del ritorno alle corse, contribuirono alla sua leggenda e a farlo entrare nel cuore di tifosi e appassionati.
Poco importa che negli ultimi anni abbia contribuito ai successi dei rivali Mercedes, di cui è stato presidente onorario dal 2012 fino alla morte. Niki rimane una pietra miliare nella storia del Cavallino. E senza quell’incidente, probabilmente a Maranello potrebbero fregiarsi di un titolo in più in bacheca.
Gilles Villeneuve: l’altro figlio di Enzo Ferrari
Quando si parla dei 90 anni Ferrari non si può non parlare di Gilles Villeneuve. Il “figlio” prediletto di Enzo Ferrari. Colui a cui, nel 1978, furono assegnate le chiavi della Ferrari 312 T3, utilizzata dopo la separazione da Lauda e nelle prime gare della stagione 1979 quando fu rimpiazzata dalla T4.
Di sicuro il pilota maggiormente amato dai tifosi, sebbene non sia mai riuscito a conquistare il titolo. Ci andò vicino nel 1979, secondo alle spalle del compagno di team Jody Scheckter. Ci sarebbe magari arrivato, se il fato gli avesse riservato più tempo.
La morte lo colpì l’8 maggio 1982 sul circuito di Zolder, quando mancavano pochi minuti al termine delle qualifiche del GP del Belgio dopo un contatto tra la sua vettura e la March di Jochen Mass e il terribile volo che ne seguì.
La sua prematura dipartita, a 32 anni compiuti, lasciò sgomento soprattutto Ferrari. A riprova del legame che lo univa a Gilles, il Drake disse: «Il mio passato è pieno di dolore e di tristi ricordi: mio padre, mia madre, mio fratello e mio figlio. Ora quando mi guardo indietro vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve. Io gli volevo bene».
L’apice con Schumi. Poi pochi acuti
Concludendo l’analisi dei 90 anni Ferrari, è quasi fisiologico accostarla al quinquennio d’oro, i cinque titoli mondiali conquistati da Michael Schumacher dal 2000 al 2004. Schumi e Rubens Barrichello in pista, Jean Todt direttore e Luca Cordero di Montezemolo presidente.
Un dominio “rosso” che rappresenta il punto più alto della storia del Cavallino. E anche quello di non ritorno. Come spesso accade, una volta assaporata l’ebbrezza della vittoria, arriva inevitabilmente un momento di rilassamento, in aggiunta alla ritrovata competitività degli avversari.
Da lì si sono susseguite stagioni di alti e bassi. L’ultimo titolo nel 2007 con Kimi Raikkonen. Poi tanti rimpianti con i secondi posti di Felipe Massa (2008) e Fernando Alonso (2010). Alonso rimane tuttora, nel momento in cui scriviamo, l’ultimo ferrarista in grado di trionfare nel GP d’Italia, a Monza, proprio nove anni fa.
Il resto è storia recente con le Mercedes a dettare legge e le Ferrari a rincorrere. In alcuni casi in grado di incrinare il dominio delle Frecce argentate ma mai di spezzarlo del tutto.
Eppure tra gli addetti ai lavori rimane forte la consapevolezza che, con i giusti accorgimenti, sia solo questione di tempo prima che la Rossa ritorni sul tetto del mondo. Del resto, il prossimo capitolo è sempre il più bello da scrivere.
Redazione MotorAge.it – Andrea Sicuro