FIAT Mirafiori. SOLUZIONE Finale
Le due chiavi di lettura, tra i “+ “e i “-“, aprono una nuova fase. La “newco”.
I sì hanno superato di poco i no. Affluenza al voto altissima: il 94.2% dei lavoratori.
Una vittoria con momenti di tensione nella notte di Mirafiori, dal rebus al secondo seggio per le votazioni disperse e poi riconteggiate, fino alla ripresa del si nei seggi successivi in continue altalene.
Due linee di pensiero (tra cui quella di Nichi Vendola, questa volta quello vero e non quello dello scherzetto telefonico all’AD) dice che siano stati i voti degli impiegati a decidere le sorti, a fare la differenza nel risultato: 54% di approvazione.
A conquistare il mondo mediatico è la soddisfazione di Sergio Marchionne: “In un Paese come lItalia, che è sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, la scelta di chi ha votato “sì” è stata lungimirante. Rappresenta la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino. Un passo avanti contro limmobilismo di chi aspetta che le cose succedano”.
Per Maurizio Peverati, segretario provinciale della Uilm, “è il primo referendum nella storia di Mirafiori che vinciamo, e in fabbrica è politicamente un ribaltone”. “Il sì – dice il presidente dellUnione industriale di Torino, Gianfranco Carbonato – è una decisione positiva per tutti”; si apre una nuova fase nelle relazioni industriali”.
Le regole dellaccordo che cambieranno la produzione. I Punti salienti tra “+” e “-“. Il pugno di ferro dell’amministratore delegato Marchionne (versione post 2009, prima aveva un guanto più vellutato) dovrà ora concretizzare le promesse di investimento e di nuovi modelli. Di strada da recuperare sulla concorrenza ce n’è in effetti parecchia. Tedeschi e francesi, nordamericani e orientali, hanno sfornato neglu ultimi 15 mesi nuovi modelli a raffica, concept e tecnologie progressiste. Da Fiat abbiamo visto solo Giulietta. E la produzione di Jeep marchiate anche Alfa Romeo, a mio avviso vale solo se sarà il preludio a una gamma fresca, urgentemente da affiancare all’unica bandiera sventolata da Alfa nel 2010.
I vantaggi e svantaggi devono essere dedotti da ben 36 cartelle di un accordo che pochi hanno immagazzinato, e proposto nel momento economico migliore per FIAT. Nel sunto:
+ Aumento degli stipendi, che in progressione andranno a equilibrarsi con i parametri delle industrie automobilistiche occidentali.
– I fatidici 10 minuti persi di pausa per i lavoratori sembrano sciocchezza, ma solo per chi non ha mai visto come funziona una catena di montaggio.
+ Controllo sul lavoro, a beneficio dei meriti.
– Rappresentanza sindacale: le possibilità di sciopero sanzionabile.
+ La garanzia del posto di lavoro, al momento come oro.
– Ore di lavoro, con più turni e straordinari praticamente imposti.
Dubbi: Gli investimenti promessi sulla carta che devono trasformarsi in realtà, senza un programma ancora pubblicato.
Promesse e Competitività. Le promesse sono che lo stabilimento simbolo Fiat, diventerà lavamposto europeo del gruppo Chrysler-Fiat. E vale ricordare che Chrysler ha già pronti sistemi di alimentazione ibrida ed elettrica di nuova generazione, il che si rivelerà la vera grande furbata di Marchionne nell’accordo con Chrysler (per restituire i prestiti di Obama, e per dare risposte alle aziende top della concorrenza mondiale). Se giocherà bene la partita, sarà la sua carta per dimostrarsi il “grande riformatore” della nuova economia di cui si dice.
Il punto debole di Marchionne non è tanto il suo stipendio contrattuale (400mila Euro) su cui è difficile discutere se vale il progresso aziendale. Il “neo-punto-di-domanda” è il gioco delle stock-option, che l’amministrazione gli ha allungato al 2016, e che vale sull’andamento di Borsa e non sul valore del lavoro. Oggi, dopo la suddivisione dei rami FIAT, significherebbero 38,8 milioni di Euro.
I fatti. Dalle nuove linee dovranno innanzitutto uscire 250-280 mila SUV a marchio Jeep-Alfa Romeo per il mercato mondiale. Una parte torna in nordamerica, il che non è proprio economicamente vantaggioso, ma entra ne gioco-scambio per risanare il debito con gli USA e va a triplicare lattuale produzione dello stabilimento.
Piace meno che il “Sì” alla “newco” Fiat, sia arrivato in un momento un cui i dati di mercato sulle vendite in Europa, non trovano tra i primi dieci un modello del Gruppo Fiat.
La domanda che da oggi è lecito porsi è: le aziende sono pronte a investire, e magari anche ad adottare il “modello Marchionne”? Ovvero, si è creato un precedente che potrà influenzare altre realtà imprenditoriali? Un Rischio o un Augurio? L’input in ogni caso è guardare avanti. Senza esaltazione od opposizioni di principio.
E la Fiom? Che non ha firmato, si organizza per restare nel gioco e partecipare in qualche modo a questa nuova fase.
La presidenza Elkann si è in questa fase mantenuta ai confinio, lasciando Marchionne nella sua disfida con sindacato e Confindustria, e di fatto uscendone vincente.
L’aspetto positivo da leggere è l’aver dato una spinta al sistema industriale verso la competitività globale. Un passo avanti verso la modernizzazione.
Inizialmente lascerà qualcuno con un po di amaro in bocca. Ma potrà asservire il concetto che il fare è meglio del non fare.
Adesso si apre una nuova fase. Oltre Bonanni (“Spero che adesso tutti abbassino i toni e si impegnino a rispettare la volontà dei lavoratori), la Camusso del Cgil (“senza consenso operaio non si governa”), o Cremaschi della Fiom (“Rovesceremo questo accordo”).
Si guardi a un’era in positivo.
Fabrizio Romano
15/01/2011 – 20:15