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GP Italia: le insidie maggiori

Frenare non sarà mai così complicato. Durante il GP d’Italia, sarà decisivo per i piloti l’impegno in fase di staccata. L’autodromo di Monza presenta lunghi rettilinei e poche frenate, ma assai impegnative per la velocità di percorrenza.

Per chi sarà in pista all’autodromo di Monza il 2 settembre, in occasione del GP d’Italia, un’avvertenza: attenzione alle frenate.

La gara di Monza non sarà soltanto cruciale verso la conquista del Mondiale F1, ora che i giochi si sono riaperti con la vittoria di Sebastian Vettel in Belgio. Ma sarà anche un test probante per Brembo.

Secondo i tecnici dell’azienda bergamasca che fornisce l’impianto frenante per i piloti del circus, sul tracciato universalmente riconosciuto come il “Tempio della velocità” le insidie maggiori arrivano in fase di staccata. Più impegnativa da gestire, visti i lunghi rettilinei e la mancanza di carico aerodinamico che rendono più difficoltosa la frenata.

La chiave del successo passa da qui, ma andiamo a scoprire più nel dettaglio le caratteristiche del circuito e come vanno gestite.

Poche frenate ma decisive.

Partiamo da un assunto. Tutte e sei le frenate dell’autodromo brianzolo sono classificate come impegnative per i freni. La più dura è l’ultima prima del traguardo. Le monoposto vi arrivano a una velocità di 314 km/h che scende a 205 km/h in soli 72 metri. Per riuscire nell’intento, i piloti frenano per 1,22 secondi esercitando un carico di 211 kg sul pedale del freno e affrontando una decelerazione di 6,7 g.

Impressiona anche la frenata alla curva 4, da 326 km/h a 117 km/h in appena 2,37 secondi e 127 metri. In questo caso il carico sul pedale è di 176 kg e la decelerazione massima di 5,7 g. Mentre in valori assoluti la frenata più lunga è quella alla prima curva. Lì sono necessari 140 metri per scendere da 320 km/h a 84 km/h. Il tutto in appena 2,60 secondi grazie ad un carico sul pedale di 165 kg.

Per quanto riguarda la successione di curve 6, 7 e 8, le frenate prevedono decelerazioni comprese tra 5 g e 5,5 g e carichi sul pedale di 180 kg, 165 kg e 166 kg. Una sequenza di pericoli che va dunque gestita con la massima attenzione per arrivare fino in fondo alla gara. E chissà uscirne con un risultato positivo.

Poche frenate (solo sei per giro), ma tutte violentissime allora. Un dato che rende peculiare questa pista. Basti pensare che a Monaco sono 12, una in più rispetto a Budapest e Baku. Inoltre in media i freni sono impiegati 9,9 secondi a giro, un valore superiore soltanto alla pista di Spielberg, in Austria, dove però la pista è più corta (4,31 km contro i 5,79 dell’autodromo).

Dalla partenza fino alla bandiera a scacchi, ciascun pilota esercita inoltre un carico totale sul pedale del freno di 56 tonnellate. Questo si traduce in pratica, in uno sforzo in frenata ad ogni giro superiore a 1.050 kg. una grande preparazione fisica, indispensabile anche per affrontare le accelerazioni laterali nei curvoni. E in una decelerazione media sul giro di 5,6 g.

La Ferrari per spezzare il tabù. Vettel sa come si fa.

Una piccola nota a margine per gli amanti della statistica. Se la Mercedes insegue la sua quarta vittoria consecutiva a Monza, la Ferrari non s’impone davanti al pubblico di casa dal 2010. Mentre Sebastian Vettel (che su questo circuito colse la sua prima vittoria in carriera, dieci anni fa) cerca il suo primo successo all’autodromo con il Cavallino, dopo aver trionfato con Toro Rosso e Red Bull. Vedremo se questa sarà la volta buona.

Redazione MotorAge.it – Andrea Sicuro

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