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Limiti di velocità assurdi penalizzano la vita quotidiana

Autostrade con limiti di velocità da normale strada extraurbana, i 50 km/h lungo ampi rettilinei e per di più sorvegliati dagli autovelox, la “mania” dei 30 km/h in ambito urbano. Questo e tanto altro penalizza la vita quotidiana di automobilisti e motociclisti.

Spesso è un modo per fare cassa facilmente

Milano, cavalcavia del Ghisallo, qui giungono i veicoli provenienti dal quadrivio di Fiorenza delle autostrade A8/A9 e A4 che si dirigono verso il centro. Si tratta di un rettilineo ampio, la cui carreggiata è ben delimitata da un robusto New Jersey, e che ha tutte le caratteristiche di una vera e propria superstrada. Il limite di velocità è assurdamente basso, ovvero 70 km/h quando potrebbe essere benissimo di 90 senza arrecare nessun problema di sicurezza.

Inutile dire che vi è piazzato un bell’Autovelox che, giorno e notte, è chiamato a fare “gli straordinari” perché superare i 70 km/h in quel tratto è un attimo. Al riguardo, infatti, un milione di multe in due anni parlano chiaro e non pensiamo proprio che la maggior parte degli automobilisti e motociclisti immortalati dalla famigerata macchinetta viaggiassero a velocità folli. Milano ha comunque altri esempi di limiti discutibili, uno su tutti i 50 km/h sul viale Famagosta ovviamente con tanto di Autovelox.

Ma le ultime amministrazioni del capoluogo lombardo, è risaputo, hanno fatto e stanno facendo di tutto per scoraggiare l’ingresso delle automobili in città, a suon di multe, Area C e salatissimi parcheggi a pagamento sulle sempre più diffuse strisce blu. Peccato che i tanto odiati automobilisti spesso e volentieri non abbiano alternativa all’utilizzo del mezzo privato e poi giova ricordare che giungono in città per lavorare. E il lavoro produce ricchezza e benessere per la collettività.

I 90 km/h sulle tangenziali milanesi

Sicuramente l’area del milanese (ma non solo) ha parecchi esempi di limiti di velocità assurdi. Eloquenti in proposito i 90 km/h sulle tre tangenziali, vere e proprie autostrade la cui velocità da non superare dovrebbe essere 130 km/h e 100 km/h in prossimità degli svincoli di entrata e di uscita. Invece no, poiché nel lontano 1999 si imposero in quattro e quattr’otto i 90 km/h, velocità difficilissima da rispettare nei (pochi in verità) momenti di traffico scorrevole.

Anche in questo caso, manco a dirlo, le tre arterie autostradali intorno a Milano sono disseminate di Autovelox e purtroppo è facilissimo superare i limiti e incorrere nei flash di un’istantanea che, date le multe salate, non sarà certamente un bel ricordo. Ma come si suole dire “al peggio non vi è mai fine”, perché nell’inverno di qualche anno fa con la scusa dell’inquinamento elevato furono imposti per un determinato periodo i 70 km/h. Peccato che, spesso e volentieri, per tenere una velocità del genere occorreva scalare marcia e aumentare il numero dei giri inquinando paradossalmente di più rispetto a quanto succedeva a 90 km/h in un rapporto alto.

A volte anche i 130 km/h sono troppo pochi

Ci teniamo a sottolineare come i limiti di velocità vadano sempre e comunque rispettati, anche quando sono (o ci sembrano) assurdi. Ciò non impedisce però di segnalare come perfino i 130 km/h in autostrada a volte siano troppo pochi. E’ il caso dei lunghi rettilinei della Milano-Bologna, per esempio, che in condizioni di scarso traffico appaiono una velocità troppo ridotta.

Senza dimenticare che, come avviene per la maggior parte delle autostrade italiane, vi è l’implacabile Tutor. Quest’ultimo è molto temuto e, proprio per questo, spesso si assiste a “trenini” di auto che procedono a 130 km/h sulle tre corsie (non il massimo in termini di sicurezza). In verità, era stata data la possibilità di innalzare il limite di velocità a 150 km/h su alcuni tratti a bassa incidentalità, ma nessuna concessionaria autostradale se l’è sentita di compiere questo passo.

Resa il fatto che in Italia gli automobilisti vengono penalizzati su più fronti e i limiti di velocità assurdi, accompagnati da controlli radar e multe salatissime, rientrano tra questi. Così come rientrano le famigerate aree cittadine a 30 km/h che gli amministratori comunali definiscono, con un misto di burocratese e di senso dell’humor involontario, “a mobilità dolce”.

Gian Marco Barzan

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