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Pirelli vende ai cinesi di ChemChina

Operazione alle battute finali. Con un Opa che ha portato a superare quota 15,2 % per azione, valorizzando il gruppo 7,15 miliardi, il colosso della chimica cinese ChemChina entra in possesso di tutta la scatola Camfin, il 26,2% del capitale, che a queste condizioni significa 1,9 miliardi di euro. Una plusvalenza notevole confrontando l’esborso di 12 euro per azione nell’estate del 2014, quindi meno di un anno.

La “scatola” Camfin contiene i pacchetti della cordata italiana composta da Tronchetti Provera, Sigieri Diaz, i Rovati, Unicredit e Intesa Sanpaolo, e del colosso russo dell’energy Rosneft (che intando si sta confrontando con le difficoltà della Russia legate a sanzioni e guerra Ucraina). Se si guarda a Tronchetti Provera, il suo 5,17% di Pirelli varrebbe più di 350 milioni di euro.

Allo stato dei fatti, e dei patti, Tronchetti Provera manterrà il suo ruolo di presidente della Pirelli, restando al timone fino al 2021.

Dalle sue dichiarazioni, l’obiettivo è «garantire stabilità, autonomia e continuità nel tempo del gruppo Pirelli, che manterrebbe gli headquarter – i quartier generali – in Italia».
Speriamo che valga anche per le occupazioni.
Di fatto, per lo storico gruppo italiano di pneumatici rappresenterà una giravolta nell’assetto societario da riproporre in Borsa.

 
Per il giudizio di Cesare Romiti la manovra con i cinesi di Chem-China peserà, e molto come socio di maggioranza della storica azienda italiana. “L’Italia – come ha spiegato all’Adnkronos l’ex ad di Fiat e presidente della Fondazione Italia Cina – perde ancora un’altra azienda anche per una mancata politica di governo che deve puntare a mantenere nel nostro Paese le aziende”.
Come Pirelli, appunto.

Fabrizio Romano

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