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Assicurazioni – Conciliazione paritetica

Un cittadino non soddisfatto dal risarcimento ricevuto dalla sua assicurazione, può rivolgersi alle associazioni di consumatori utilizzando la pratica della conciliazione paritetica. Ma è davvero vantaggiosa?

Conoscete la conciliazione paritetica? No? Ecco, sappiate che non siete gli unici.

Secondo dati IVASS, per tutto che va dal 2013 fino ad agosto 2014, su 3 milioni di sinistri solo 180 casi hanno attivato questa procedura. Il principale motivo del suo scarso utilizzo è che sono davvero in pochi a conoscerla.

Ma in cosa consiste la conciliazione paritetica? È una procedura che nasce da una convenzione tra alcune associazioni dei consumatori (tra cui Adoc, Altroconsumo, Assoutenti, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori) e l’ANIA (associazione di categoria delle compagnie), ed ha lo scopo di superare il disaccordo tra le due parti attraverso il confronto di commissioni miste, composte da rappresentanti sia ANIA che delle associazioni dei consumatori. In sostanza, se il cittadino non è soddisfatto o non viene risarcito dall’assicurazione, si può iscrivere ad un’associazione di consumatori a cui presenterà la sua istanza; l’associazione valuterà se il cittadino ha torto o ragione, e in quest’ultimo caso parteciperà a una sorta di arbitrato in sua difesa. Siccome però questa procedura è ai più sconosciuta, l’IVASS ha sollecitato le compagnie assicurative a promuoverla, ad esempio proponendo che le istanze vengano consegnate, anziché alle associazione di consumatori, direttamente alle assicurazioni – ne consegue la collaborazione tra i due enti.

E qui sorgono i primi e contorti dubbi: come mai l’ente che vigila sulle assicurazioni sollecita la collaborazione tra compagnie assicurative e associazioni di consumatori, loro “nemici storici”? Principalmente per il vil danaro, e su questa spiegazione andiamo ad ipotizzare due scenari che ci facciano capire bene il motivo.

Proviamo, nel primo caso, a pensare al percorso a tappe che farebbe un cittadino danneggiato: si rivolgerebbe ad un legale, il quale, una volta quantificati i danni, farebbe una richiesta all’assicurazione. Questa si troverebbe quindi obbligata ad assolvere i suoi doveri, pena il ricorso al Giudice di Pace e, ovviamente, il pagamento della parcella dell’avvocato. Invece nella seconda eventualità in cui il danneggiato si rivolgesse alla compagnia assicurativa – che indicherebbe l’associazione di consumatori come soluzione ai suoi problemi – la tappa legale verrebbe evitata, generando un risparmio di soldi per la compagnia. Consigliando di rivolgersi alle associazioni di consumatori, ne deriverebbe un guadagno per tutti: le assicurazioni scamperebbero le onerose spese legali, e le associazioni vedrebbero aumentare i loro iscritti oltre a stipulare accordi commerciali con le compagnie assicurative.

Peccato che le Associazioni dei consumatori dovrebbero avere come obiettivo la difesa del cittadino, non l’accordo con le stesse compagnie che forniscono un risarcimento insufficiente e, quindi, contro l’interesse del cittadino che loro difendono.

Il denaro è alla guida di questi rapporti? Pare di sì.

 Manuela Caputo

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