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Paghereste per trovare un parcheggio? Ecco il MonkeyParking!

Milano. Traffico pazzesco e ricerca di un parcheggio prolungata da troppo tempo. Appena qualcuno si avvicina ad una macchina, nasce la speranza che lasci liberi un posto, anche se il più delle volte è solo un pedone non automunito.

Quindi, in questo momento… non paghereste per un parcheggio?! Su questo problema quotidiano hanno lavorato i tre inventori della start up che ha dato vita a MonkeyParking: il CEO Paolo Dobrowolny, insieme a Federico Di Legge e Roberto Zanetti. Si tratta di un’App che permette di comprare e vendere il proprio parcheggio in tempo reale: chi sta per lasciare il posto, può collegarsi nella community dell’app per  segnalare dove ha parcheggiato. Da quel momento comincerà a ricevere le notifiche da chi è disposto a pagare per avere quel posto macchina, e cederà il parcheggio al miglior offerente, accordandosi poi di persona alla fine dello scambio. Gli utenti che richiedono il parcheggio vedono solo la loro offerta e per adesso non c’è un sistema di asta vero e proprio. Per acquistare un parcheggio invece, vale la procedura inversa. Dopo aver segnalato sulla mappa la propria posizione, l’app sottopone una domanda: quanto sei disposto a pagare per un parcheggio in questa zona? Controllato il portafoglio e selezionata l’offerta, la richiesta sarà inviata a tutti i monkeyparker nelle vicinanze. E via alla legge del mercato. Attualmente, le tariffe selezionabili variano da 5 a 20 euro, con la possibilità di rilanciare di 5 euro in caso di parcheggi contesi. Per concordare ulteriori dettagli è comunque possibile telefonare direttamente all’altro utente, poichè tutti sono invitati a condividere numero di telefono, modello e foto della propria auto.
Il MonkeyParking nasce come una comunità online basata sullo scambio di informazioni, senza l’utilizzo di denaro. Ma nel momento in cui sono entrati in campo i soldi, sono cominciati i problemi. È legale? Si può pagare una cosa che è gratuita? Non esistono già i parcheggi a pagamento?

L’App venne lanciata a Roma un paio di anni fa per iPhone, e all’inizio si basava su un sistema di crediti-banana guadagnati da chi usava l’app per scambiarsi un parcheggio. Da aprile 2014 è approdata  a San Francisco, dove è stato implementato un sistema di pagamento elettronico vero e proprio, quindi non basato sull’accordo tra automobilisti come accade in Italia. Ad ogni modo, afferma il CEO Dobrowolny, non si tratta di compravendita stradale: MonkeyParking non vende lo spazio pubblico, ma solo le informazioni necessarie a sapere quale sarà il prossimo posto a liberarsi. In questo senso può essere vista come un’app socialmente utile: ridurre il tempo necessario per trovare un parcheggio vuol dire anche meno traffico, che nelle grandi città può cubare fino al 30% del traffico totale. Meno traffico significa meno consumo di benzina e meno inquinamento. Inoltre stanno pensando di introdurre delle limitazioni sul numero delle offerte (vietato scambiare più di un posto all’ora), e un sistema di rating che permetta di individuare chi fa un utilizzo scorretto dell’app, premiando gli utenti onesti con un metro di valutazione basato su cinque banane (riprendendo le cinque stelle di eBay e TripAdvisor).
Il corretto uso delle nuove start up permette di far emergere la loro parte utile.

Manuela Caputo

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