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Lewis – Dalla pelle al cuore

  Una vita nelle corse quella di Lewis Hamilton. Prima i kart, poi l’incontro con Ron Dennis a 7 anni e quella frase “Un giorno diventerò Campione del Mondo con la McLaren”. Una profezia divenuta realtà quando, 5 anni dopo, viene ingaggiato dal team inglese. Poi, la gavetta, le Formule minori, fino al Titolo GP2 nel 2006 e il debutto in F1 nel 2007.

 Impossibile dimenticare quel primo anno, il braccio di ferro con il compagno di squadra Fernando Alonso, e poi nel 2008 il Campionato combattuto fino agli ultimi metri dell’ultimo GP, in Brasile. 28 anni, 120 GP disputati, 22 vittorie, 30 pole position, 12 giri veloci, 1.037 punti e, ovviamente, quel Titolo. Sei anni in McLaren e poi, d’improvviso, la decisione, lo scorso settembre, di lasciare quel nido caldo per imbarcarsi in una nuova avventura, con la Mercedes. Per molti un azzardo di cui si sarebbe pentito. E invece si è ambientato subito, ha fatto gruppo, sono arrivati punti e nell’ultimo GP, in Ungheria, anche la prima vittoria.

 Cambio pelle – Ma, soprattutto, Lewis è cambiato. In pista ha sempre una marcia in più, ma non commette più quegli errori da “testa calda” che spesso gli sono costati antipatie, qualche penalità e qualche GP. Guida con il piede e con la testa, ha imparato a gestire le gomme (uno dei segreti per arrivare davanti, quest’anno più che mai) e appare sereno, libero, sollevato. Come se fosse uscito da una gabbia, seppur dorata.

 Tatoo di Libertà – Cambiamento che Lewis ha scelto di mostrare anche in modo tangibile, attraverso i tatuaggi. Sul braccio destro, l’artista del tattoo di Los Angeles Mister Cartoon (il messicano Mark Machado) ha realizzato un cuore con dei raggi, sovrastato da una croce e con note musicali che si diramano verso il petto. Simboli dell’amore per la musica e la spiritualità, che ritroviamo anche sulla schiena, dove campeggia una croce alata con la scritta “Still I rise”, ovvero “Ancora mi rialzo”. Impossibile non leggere un legame con il nuovo capitolo della sua vita.

 Il vero Lewis Hamilton forse è questo, quello di prima era “costretto”. Come lui stesso ha ammesso, in McLaren c’era grande controllo, mentre in Mercedes è libero di esprimersi, essere se stesso, pur dovendo ovviamente rispettare delle regole. E non è un caso che suo padre, fino a un paio d’anni fa anche suo manager, finché Lewis non ha deciso di troncare quel cordone, odi i tatuaggi. “Mio papà non approva”, ha detto, “ma non mi serve la sua approvazione, mi piaccio come sono, non ho bisogno che qualcuno mi dica cosa fare. Se gli altri non mi accettano come sono, il problema è loro, non mio. Dobbiamo essere orgogliosi di noi stessi”.

 Questo è il nuovo Lewis Hamilton che forse non sa cosa vuole ma non lascia più ad altri decisioni che lo riguardano. Pronto a tutto, per affermare le sue scelte. Come quando ha deciso di comprarsi un aereo personale, non per sfizio, ma per ottimizzare gli spostamenti e avere più tempo libero da passare con famiglia e amici.

 Sa di attirare da sempre molto critiche ed è consapevole di aver commesso parecchi errori in passato. “So di essere una persona che si ama o si odia. Purtroppo quando sono arrivato in F1, dicevo una cosa ma ne pensavo un’altra e venivo frainteso”. Vero, come l’odio che ancora provano per lui gli spagnoli, retaggio della coabitazione da incubo con Fernando Alonso nel 2007. Ma chi lo conosce davvero lo apprezza. Anche per il coraggio di ammettere gli errori, l’irrequietezza, gli atteggiamenti fuori dalle righe in una Formula 1 spesso ingessata in schemi fissi.

 Per molti Hamilton ha avuto vita facile grazie a Ron Dennis. In realtà ha dovuto affrontare, giovanissimo, delle enormi responsabilità, inclusa quella di essere il primo pilota di colore in F1: adesso è orgoglioso di essere un modello per tanti ragazzi, ieri non aveva la maturità per affrontare la cosa. Non si nasconde più, Lewis, e soprattutto non nasconde i suoi sentimenti: sul podio dell’Hungaroring ha mostrato l’emozione del momento, ha condiviso, attraverso gli occhi e i sorrisi e non solo a parole, il successo col team (“Un risultato raggiunto grazie al lavoro di squadra, non potrei essere più felice”). E, nel campo dei sentimenti, rientrano anche l’affetto per il suo cane (che gira nel paddock munito di regolare pass) e l’eterno tira e molla con la splendida Nicole Scherzinger. Ma soprattutto per la famiglia. Su Twitter accoglie i followers con questa frase: “Life is a journey & I wanna share mine with you. My passion, my drive, my ups & downs & my quest to be the best! My family is what i love most…”.

 Insomma, voglia di cambiamento, di affermare se stesso, di comunicare e mostrarsi al mondo anche attraverso i tatuaggi, con quelle croci così in evidenza. Un che di mistico, che lo avvicina al suo modello di sempre, Ayrton Senna. Lewis è cresciuto seguendo i suoi passi, respirando la stessa aria in McLaren, accanto a Ron Dennis. Di Ayrton ha tanto, sarà per questo che il suo stile e la sua grinta in pista piacciono e spaccano in egual misura. Così speciali e così normali, uniti dalla passione per le corse, dalla voglia di lasciare il nido e rimettersi in gioco con nuove sfide e dalla continua ricerca di essere migliori. E liberi, anche di sbagliare.

Barbara Premoli

Redazione MOTORAGE
30/07/2013 – 13:36

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