In attesa dell’autunno, la bomba informatica di fine agosto è stata la lettera aperta di Steve Jobs, fondatore e chief executive del marchio della Mela morsicata, che si è dimesso dalla sua carica. Resterà presidente della compagnia, ma il ruolo esecutivo passa a Tim Cook, che già rivestiva la carica di direttore generale.
Adesso, gli affezionati Apple pensano al futuro dell’azienda, alla sua creatività e capacità di rinnovare.
E’ il frutto di un uomo mitizzato per via di ciò che con l’azienda ideata ha saputo creare, guardato, un po’ per tutti con quel pizzico di egoismo che vuole la continuazione del sogno.
Anche per coloro che sono certi nella continuità del fenomeno Apple, convinti come le cronache tendono a raccontare in questi giorni, che in Apple verranno istituite operazioni di ristabilizzazione dei modi di gestione del fondatore per mantenere il suo sistema vincente. Anche se il capo si è parzialmente allontanato. Magari momentaneamente. 
Ricostruire la sua personalità da visionario businessman, geniale anche se dispotico e pignolo al punto da chiamarti nottetempo se un’icona dell’iPhone non lo convince, non sarà facile. Ma ci proveranno a mantenere quell’alchimia di semplificazione decisionale (quella di Jobs) che ha fatto la fortuna della Apple.
Non preoccupiamoci però prima del tempo: colpito nel 2004 a 56 anni dal cancro al pancreas nell’ultimo periodo Jobs era affaticato. Ma Steve Jobs ha dimostrato di essere un grande combattente, ed è sempre alla presidenza della sua creatura.
