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Goodwood Festival of Speed 2011

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FoS: il Tempio dei Motori in giardino.

 Wii e Play Station 3, 4, 5… oggi vanno per la maggiore tra chi, a ogni età, arde di passione per i motori e la velocità. Probabile che chi sulla carta di identità ha numeri che iniziano con il 4 o il 5, non abbia comuqneu dimenticato le sfide sulle piste elettriche. Ma per giingillarsi c’è chi ha scelto una terza via, creando il suo personalissimo gioco, in scala 1:1, nel giardino, o meglio, nel parco di casa.

 Il suo nome è Lord Charles March, nono Duca di Richmond, l’uomo che del 1993 è il mecenate, l’anfitrione del Festival of Speed a Goodwood, manifestazione che, ogni anno, in piena estate, attira nei pressi della gloriosa pista un buon 150.000 appassionati nell’arco dei quattro giorni dell’evento (record nel 2003 con 158.000 spettatori). – (foto a sx: il padrone di casa, Lord March, nell’abitacolo della Lotus-Pratt & Whitney 56 ‘STP Special’ del 1968).

 La ricetta è semplice quanto efficace: un lungo nastro d’asfalto in salita immerso nel verde, impareggiabile passerella per autentici gioielli da corsa di tutti i tempi. Poi tanti stand e una buona dose di floklore. Per gli “archeologi” dell’automobilismo, gli amanti delle Grand Prix degli anni Venti e Trenta del Novecento, l’edizione del 2011 ha portato a vista “pezzi” come la Fiat Mefistofele che nel 1924, grazie al suo 6 cilindri in linea di appena 21.706 cc di cilindrata, permise all’inglese Ernest Eldridge di stabilire il record di velocità a 235 chilometri orari di media.

 Fra le vetture degne di nota dell’epoca eroica di Varzi e Nuvolari ecco un’Alfa Romeo Tipo B, la sontuosa Auto Union Tipo D del 1939 (portata in pista fra l’altro da un certo Hans Joachim Stuck) e la Mercedes-Benz W165 dello stesso anno. Nel Formula One Paddock ben quindici erano le monoposto che hanno vinto il Campionato del mondo di Formula 1 fra il 1950 e il 2010. C’erano la prima, l’Alfetta 159 portata a Goodwood dal Museo Storico Alfa Romeo di Arese, la stessa con cui Juan Manuel Fangio vinse il suo primo titolo iridato nel 1951, e l’ultima, la Red Bull-Renault RB6, fresca vincitrice con Sebatian Vettel del Mondiale 2010. Nel mezzo, un autentico campionario di “prime donne”: dalla Lancia D50, sempre iridata con Fangio nel 1956, alla Brabham-Repco BT24 del 1967 e alla Lotus-Cosworth che si aggiudicò il titolo nel 1968 con Graham Hill.

 Dopo un volo nella storia di oltre vent’anni, non sono passate certo inosservate la McLaren-Honda MP4/6 iridata con “Magic” Senna nel 1991 e l’impressionante sequenza di monoposto motorizzate Renault, tutte provenienti dalla collezione della Casa francese, che spaziavano dalla Williams FW14 del 1992 alla Renault R26 del 2006. Poi i campioni di oggi: Mark Webber è sceso in passerella con la Red Bull RB1 del 2005, Marc Gené ha fatto lo stesso con la Ferrari F10 dello scorso anno, mentre Nico Rosberg si è calato nell’abitacolo della Mercedes MGP W01 sempre del 2010.

 Le regine del Cathedral Paddock, quello destinato alle gloriose Sport protagoniste negli anni del Campionato del mondo riservato ai Costruttori prima, del Mondiale Marche e dell’Endurance poi, erano invece vetture quali le Jaguar C e D del 1952 e del 1956, la Porsche 906 del 1966 o la Chaparal-Chevrolet dello stesso anno, le Alfa Romeo 33/2 (1968) e 3 (1971), e TT12 (1975), ma anche la Porsche 917 K del 1970, la Ferrari 312 “PB” del 1972, la Porsche 956 del 1982, la Peugeot 905 EVO 1B del 1996 sino all’Audi R18TDI, fresca vincitrice della 24 Ore di Le Mans 2011 (foto qui a dx).

 Si è entrati anche nel mondo delle monoposto Formula Indy; Sunbeam, Duesemberg, Miller e Ferrari (c’era una delle quattro 375 F1 che fece parte della poco fortunata spedizione Ferrari a Indianapolis del 1952) costituivano il parco delle più antiche, Lotus, Eagle, Lola, Penske, March (una guidata fra l’altro da un tale Emerson Fittipaldi) e Dallara, le più moderne.

 Ce ne sarebbe già d’avanzo, come si dice, per prendere al volo…un aereo e precipitarsi oltre Manica, ma per non farsi mancare nulla, bastava aver voglia di risalire il crinale verso l’Hillclimb top Paddock per trovarsi d’improvviso calati in uno scenario del tutto diverso, fatto di polvere e di “traversi” quello del rallismo mondiale, delle gloriose Mini-Morris Cooper, dominatrici del Montecarlo nei primi anni Sessanta, delle Alpine Renault, delle Datsun 240Z, protagoniste un decennio più tardi assieme alle immancabili Lancia Stratos, Ford Escort e Toyota Celica. Uno stand a parte era poi dedicato alle “terribili” Gruppo B ma, anche in quest’ambito, si arrivava sino ai nostri giorni con la Peugeot 207S 2000 o la Chevrolet Spark Junior F1000, entrambe del 2011.

 Per gli amanti delle due ruote, oltre cinquanta erano le moto da corsa, comprese fra il 1937 e il 2011, che nella quattro giorni hanno sfrecciato davanti alla Goodwood House, la “modesta” residenza di Lord March.
Gli stand di tutte o quasi le Case automobilistiche moderne, una mostra a cielo aperto sponsorizzata Cartier di automobili che hanno fatto la storia del design e l’immancabile mercato di memorabilia era il doveroso contorno. Indispensabile se non si voleva correre il rischio…di annoiarsi.

a cura di Leonardo Acerbi

 

Autore/i: collaboratore 2 collaboratore 2
Pubblicazione: 11/07/2011 – 14.22
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